Il mondo del “broadcast” sta rapidamente cambiando. Basti pensare che il 58% della popolazione italiana guarda più filmati online che in TV, arrivando a un’audience pari a 24.000.000 di spettatori al mese!
Vediamo lo scenario evolutivo.
10 anni fa, nel mondo, la TV arrivava in casa via cavo. Su un altro cavo arrivava il telefono. Poi gli Operatori telefonici hanno fatto arrivare sullo stesso cavo Internet e telefono. Così pure i Broadcaster, TV e Internet. La diffusione e la richiesta di TV combinata con il telefono ha permesso di colmare il Digital Divide più velocemente che in Italia, dove, oltre al fatto che abbiamo Telecom Italia come incumbent, la TV arriva nelle case degli italiani via quella fantastica tecnologia che è il digitale terrestre.
In questi anni (nel mondo) il mercato pubblicitario, l’audience, il diritto d’autore stanno mutando seguendo l’evoluzione tecnologica e l’influenza degli OTT – Over The Top quali Google, Apple, Netflix, Hulu, Facebook, … . Un nuovo ecosistema mediatico caratterizzato da un rivoluzionario quanto innovativo sistema di consumo di contenuti audiovisivi che contempla i nuovi device come tablet e smartphone, oltre che, naturalmente, il tradizionale Pc.
In questo scenario, l’offerta dei servizi televisivi viene arricchita dal contributo di nuovi soggetti consolidatisi nell’erogazione di diversi servizi ad alto valore tecnico, quali i gestori di social network, dei motori di ricerca, i fornitori di servizi di telecomunicazioni. Un panorama in veloce evoluzione, con cui i broadcaster tradizionali devono confrontarsi, e che vede la nascita di una nuova piattaforma di servizi televisivi e multimediali, interattivi e always on, in grado di rivoluzionare l’intero mondo delle trasmissioni radiotelevisive tramite internet e per mezzo di una TV interattiva e connessa alla rete: l’OTT TV.
L’OTT TV rappresenta un nuovo modello in cui si evidenzia una disintermediazione tra la scelta del modello editoriale e l’utente.
Siamo entrati nell’era 2.0: l’informazione non è più solamente in un’unica direzione (da uno a molti –senza memoria- come la TV o come il vecchio web con i siti “vetrina”); ora chiunque può contribuire costruendo la notizia, l’idea, l’opinione, il progetto; c’è sempre di più la consapevolezza del “potere del telecomando”: spengo la TV e accendo la rete. In rete trovo le informazioni. Sono io che le cerco con un atteggiamento proattivo. In rete riesco a trovare le informazioni aggregate per contenuto, per canale, per competenze. I media sono diventati sociali e ripropongono le relazioni sociali. Offrono le “piazze virtuali” dove condividere informazioni, approfondire, decidere, tutto in maniera fluida, dove ognuno può dire la sua, ognuno può contribuire a costruire, a trasformare un’idea innovativa in progetto virtuoso. Con la democratizzazione dell’uso delle tecnologie della comunicazione ogni giorno avvengono milioni di conversazioni che generano un patrimonio di dati che ci devono far ragionare su un nuovo modello di comunicazione. L’accesso ai contenuti può essere facilmente disintermediato per un’ampia fascia di popolazione.
Rimane da valutare la capacità della rete, perché i contenuti e il flusso da essi generato è molto pesante e consuma risorse infrastrutturali; altri aspetti sono la neutralità delle reti, il rapporto tra aggregatore, fornitore, operatore e utente; i modelli di business possibili; il tipo di disciplina più adatta a questo tipo di servizi e la territorialità delle reti della comunicazione, problema quest’ultimo accentuato dall’ubiquità giuridica delle fonti e dei servizi cloud.
C’è una compenetrazione di sistema tra produttori di contenuti e infrastrutture. Le Telco hanno due ruoli ormai, quello di produttore e distributore di contenuti. Spetterà ai broadcaster e agli operatori di telecomunicazioni trovare accordo sul come compensare i propri modelli di business e di garantire un accesso costante ai nuovi servizi per il consumatore, tra cui internet, almeno come servizio base universale, segmentando il valore in base alle diverse e crescenti necessità degli utenti.
A preoccupare davvero i broadcaster è il quadro competitivo. Un mondo in evoluzione in cui i broadcaster devono competere con Google, Amazon, Apple, Netflix, Hulu e molti altri, soggetti che forniscono servizi, contenuti e tecnologie, ma senza investire nella rete. È la disintermediazione dell’operato classico e del broadcaster, sono degli aggregatori con alte capacità finanziarie di operare sui mercati globali che danno vita ad nuovo scenario competitivo senza regolamentazione. Aziende che non producono reale valore sul territorio in cui operano in virtù della loro natura globale. In Europa tutti i broadcaster si stanno muovendo verso il mercato OTT TV. In Gran Bretagna stanno ragionando su nuove soluzioni competitive, tra cui YouView (beta version a settembre), tramite cui con un telecomando puoi accedere a tutti i servizi presenti sul mercato in un ambiente regolato che facilita la libera concorrenza. Qui i broadcaster riescono ancora a mantenere una posizione riconoscibile e di rilievo all’interno della filiera dell’audiovisivo. In Francia c’è la piattaforma TNT 2.0, da noi c’è Tivù, che parte dal modello TivùSat, piattaforma satellitare free, aperta ed orizzontale, con copertura nazionale, nello specifico dove non arriva il digitale terrestre, che già raggiunge il 5% delle famiglie italiane”.
Nel 2020 il 10% del consumo televisivo sarà non lineare secondo gli ultimi trend e questo rappresenta per i broadcaster uno shifting rilevante nei modelli di consumo.
Braccio di Ferro TV – Rete
Oggi è successa una cosa strana. Ho visto su YouTube il video di Beppe Grillo e Roberto Fico che andavano simbolicamente a “occupare” la RAI (#occupyrai).
L’azione è stata scatenata dall’intervista di Letta a Fazio nella quale il premier affermava, in poche parole, che “Grillo sostiene il Porcellum”.
Affermazione falsa facilmente verificabile da questo video della Camera e dagli atti di voto di quella seduta. La “bugia” in prima serata da 5 milioni di ascoltatori, giusto ieri, aveva intasato la rete con l’hashtag #lettamente.
Oltre alle richieste contenute nel volantino, Grillo chiede che l’Azienda RAI faccia un comunicato che riporti il fatto come è realmente avvenuto in Parlamento.
In definitiva, visti tutti questi contenuti, messo comodo sul divano dei miei genitori, mi sarei aspettato di vedere almeno su RAI News, non dico il servizio, ma almeno la notizia breve nel ticker che scorre in basso … Invece niente.
Ho capito perché siamo al 72 (?) posto nella libertà di informazione.
Ho capito come la TV è libera, è apolitica, è oggettiva.
Ho capito anche che la rete ha la memoria (due click e trovi l’informazione).
Con la democratizzazione dell’uso delle tecnologie della comunicazione ogni giorno avvengono milioni di conversazioni che generano un patrimonio di dati che ci devono far ragionare su un nuovo modello di comunicazione. L’accesso ai contenuti può essere facilmente disintermediato per un’ampia fascia di popolazione.
Ho capito inoltre che la rete accorcia la filiera della comunicazione, aggrega sui contenuti, da voce a professionisti-esperti-cittadini che vogliono condividere, che iniziano a dire la loro, che iniziano a progettare insieme, che usano le relazioni della rete per costruire, aggregare, crescere sia individualmente sia –e soprattutto- come comunità.
Questo manca alla TV, il senso della comunità.
La TV è individualista, unidirezionale.
In questo fantastico periodo nel quale la ricerca del bene comune ha superato la ricerca della felicità individuale, il tempo medio di permanenza davanti al PC in rete ha superato il tempo davanti alla TV.
Non dico “spegnamo la TV”. Dico “la TV deve cambiare”: deve lavorare con la rete, deve essere un canale della rete. Siamo 2.0, siamo interattivi. Prevedono che nel 2020 il 15% del consumo televisivo sarà non lineare e questo rappresenta per i broadcaster uno aspetto rilevante nei modelli di consumo.
Ma questo nel mondo, anzi in Europa … Noi in Italia non sappiamo cos’è una OTT TV.
In questo “braccio di ferro” tra TV e RETE, ho paura che la strada sia delineata e in RAI devono capirlo (forse adesso che l’ex Presidente del Consiglio, concessionario di 3 frequenze, esce di scena).